La Specola

La Torre della Specola, inizialmente chiamata Torlonga, è la maggiore delle due antiche torri appartenenti al Castello Carrarese, detto anche di Castelvecchio, ed è uno dei simboli più significativi della città di Padova e della sua storia. Nel corso dei secoli non venne utilizzata sempre con lo stesso scopo e, a testimonianza di questo, al suo ingresso, c’è un’iscrizione che riporta le seguenti parole: “Questa torre, che un tempo conduceva alle ombre infernali, ora sotto l’auspicio dei Veneti apre la via agli astri”.
Inizialmente, infatti, la Torlonga apparteneva al mastio che, nel 1242, il tiranno Ezzelino III da Romano fece ricostruire ed estendere per poter difendere la cinta muraria duecentesca e la torre maggiore veniva quindi utilizzata come prigione, per tenerne rinchiusi i prigionieri e per torturarli. Le cronache dell’epoca riferiscono infatti che al suo interno vennero trovati morti più di diecimila padovani.
Dopo la caduta di Ezzelino III, il castello con la sua torre venne abbandonato e ne prese possesso Francesco I da Carrara, nuovo signore di Padova che, nel 1374, lo fece ricostruire come un castello-fortezza, come baluardo difensivo e splendido edificio, con decorazioni sia all’interno che all’esterno. E per tutto il XIV secolo la Specola fu al centro della vita culturale, sociale e politica della città, vivendo un’epoca di grande splendore.
Con la successiva dominazione della Serenissima, il 21 maggio 1761 il Senato della Repubblica di Venezia emanò un decreto con il quale istituiva un Osservatorio Astronomico all’Università di Padova, che doveva essere utilizzato anche come luogo di addestramento per i futuri astronomi: questo venne eretto in cima alla Torlonga e chiamato appunto La Specola. Inoltre, la porzione di castello ad essa limitrofa fu adibita a “casa dell’astronomo”. La conversione della struttura fu affidata all’abate Giuseppe Toaldo, professore di geografia e astronomia, che, nel settembre del 1765, fece delle visite ai principali osservatori italiani di Pisa e Bologna, per riuscire a capire quali fossero gli strumenti necessari al nuovo lavoro di astronomo e per studiare la struttura degli edifici. Nel dicembre dello stesso anno, ritornato a Padova, presentò il progetto della nuova Specola e lo affidò all’amico e compagno di studi Don Domenico Cerato, architetto vicentino tra i più abili del tempo.
I lavori durarono dieci anni, dal 1767 al 1777, e solo allora l’Università inaugurò il nuovo osservatorio astronomico, ovvero “specula astronomica” secondo la dicitura latina. Il progetto di Cerato comprese la ristrutturazione dell’interno che fu diviso in due parti: una inferiore, a 16 m dal suolo, dove fu costruita la Sala Meridiana per le osservazioni al meridiano celeste, e una superiore, a 35 m dal suolo, dove possiamo trovare la Sala delle Figure, con alte finestre da dove si può osservare la volta celeste da ogni angolazione con diversi cannocchiali. Sopra la Sala Meridiana, inoltre, fu costruita una terrazza per gli studi di meteorologia.
La Specola divenne nel 1923 ente giuridicamente autonomo e nel 2001 una delle principali Strutture di ricerca e sede dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, preposto allo studio della scienza del cielo. Dal 1994, inoltre, aprì le sue porte come museo astronomico antico della città di Padova.
Uno dei primi visitatori del nuovo osservatorio fu il poeta J. W. Goethe, nell’anno 1786, che descrisse l’esperienza nel suo “Viaggio in Italia”, mentre Galileo Galilei, nonostante si pensi abbia fatto le sue scoperte al suo interno, non vi mise mai piede perché morì 125 anni prima l’inaugurazione dell’osservatorio astronomico.